venerdì 29 aprile 2011

Senso del tempo?




Tempo. 

Tempo che scandisce tempo che lega tempo che lancia coltelli. Tempo che racconta storie che ricorda tempo che progetta tempo che vuole prevedere. Il tempo racconta storie. L'uomo si affida al senso del tempo come un orologio che scandisce, detta, taglia fette. Ma se il tempo invece di essere solo un lunghissimo filo srotolato fosse un insieme di piccole nuvolette atomi storie raccontate che si incrociano si allontanano si avvicinano in un ordine che non possiamo controllare? 

L'uomo vuole raccontare tempo. La letteratura racconta tempo, sogni, pensieri, idee, pur sempre tempo. Il teatro racconta tempo all'interno delle pieghe di quel suo sipario. L'arte racconta tempo per immagini. La radio taglia pezzetti di tempo, gli storici ragionano sulle grandi misure. 

Interpretazioni? Cos'è poi un'interpretazione. Catalogazione? Forse. Controllo? Molto probabile. 

L'uomo deve ancora capirlo. Il tempo può anche esistere, forse, o si può accettare la sua natura convenzionale. Ma il tempo è stelle che cadono nuvole che viaggiano onde che s'intrecciano capelli che scivolano tra le mani dita che si sfiorano occhi distanti che si guardano nodi che si sciolgono monete che cadono scarpe che si allineano. L'uomo deve ancora capirlo. 

Qualcosa fuori permane incontrollabile.





lunedì 18 aprile 2011

domenica 17 aprile 2011


Questa biondina è una delle ragioni per cui vivo.
Grazie amica per questo splendore di nipotina.




sabato 16 aprile 2011

ARTE. Tu sei l'estraneo.

Prossimità e distanza, vicino e lontano, intimo e sfacciato. Dentro o fuori. Senza mezzi termini, o sei dentro o sei fuori. In quel mondo che Julião Sarmento vuole a noi raccontare. Se capisci, sei coinvolto, se non capisci vuoi scappare.
Un’esposizione che si sviscera in quattro stanze. Prima una poi l’altra poi di nuovo la prima poi sei perso. C’è una scarpetta di cristallo circondata da specchi, cerco cenerentola. C’è una parete buia un corridoio non più largo di cinquanta centrimeti in cui infilarsi da una parte ti appoggi con la spalla e sfiori la parete cercando la via dall’altra uno schermo che proietta un video di cui riconosco solo qualche contorno e il cui suono mi disorienta, non capisco e mi disoriento.
Scusi, per la terrazza? Ascensore ultima pianta le scale non esistono. Grazie.
Diluvia, una guardia ti dice che nella piccola stanza bianca dove appena si riconosce una maniglia bisogna entrare uno alla volta. Aspetto. È il mio turno, apro, entro. Non ho davvero idea di cosa mi aspetti. Miglior non-preparazione poteva esistere nell’intento dell’artista.
Una ragazza accende uno stereo, musica blues balla da sola. Minuti. Il ragazzo seduto sulla sedia la guarda. Minuti. Poi si alza e balla con lei. Movimenti sensuali. Abbracci carezze mani sui fianchi mani sul viso. Due corpi che divengono uno. Minuti. Finisce la musica.
Intimo.
E tu sei l’estraneo.
Vuoi scappare ma non puoi fai finta di leggere il depliant illustrativo poi guardi lei guardi lui non vuoi essere complice nemmeno dimostrarti non all’altezza dell’intento dell’artista. Ma non vedi comunque l’ora che quella dannata musica blues finisca.
Concetto di privacy. Che tu hai violato. Bang! Centrato in pieno.
Tu sei un estraneo in un mondo che non è tuo, sei un voyeur costretto ma non puoi fare a meno di non guardare. Ti concentri sul vestito a fiori di lei, sulla barba di lui. La schiena ti si scalda e le guance ti si arrossano. Sguardi fissi e sguardi sfuggenti ma comunque non sai dove guardare. Ti senti in più. Guardi lei guardi lui guardi la loro complicità. E ne sei invidioso per un momento. Vorresti avere le stesse mani che ti sfiorano. Poi ritorni agli sguardi sfuggenti e fissi lo stereo implorandolo che si spenga in quell’istante.
Finisce la musica. Sei libero di andare. Scappi. Fuori continua a piovere. Respiri l’aria bagnata. Sei di nuovo nel tuo mondo. Ma hai rubato un pezzo del loro.
Julião Sarmento con il gran finale ha guadagnato davvero molta della mia ammirazione.


Julião Sarmento
Distancias cortas / Close distance
3 abril – 5 junio 2011
La Casa Encendida, Madrid.






Testardaggine.


Non esistono condizioni ideali in cui scrivere,studiare,lavorare o riflettere,è solo la volontà, la passione e la testardaggine a spingere un uomo a perseguire il proprio progetto.


venerdì 15 aprile 2011

La torta delle rose della mia amica.

Ho un'amica ,amica-amica, infermiera mamma moglie cuoca. Decisamente una gran cuoca. Di torte.
Sì la mia nonna mi ha insegnato a chiudere i tortellini, la mia mamma a fare gli gnocchi e a tirare le sfoglie del pasticcio, ma questa è la sua torta delle rose. Della mia amica.

Prendete 200 ml di latte, mescolatelo con 100 ml di acqua e intiepidite il tutto.

In un terrina sciogliete 2 cubetti di lievito di birra fresco, 3 cucchiai di zucchero, 3 cucchiai di olio di semi e 3 uova. Con la vostra compagna frustina amalgamate il tutto finchè non avrete un liquido omogeneo.

Preparatevi indicativamente 600-700 gr di farina e piano piano, poco a poco, con dolcezza e delicatezza aggiungetela all'impasto. Come ogni normale impasto, quando comicia a prendere forma, spostate il tutto su un tavolo e continuate ad impastare fino ad avere una 'palla' morbida ma consistente.

Giunge il turno del mattarello. Tirate la pasta fino ad avere una forma che si avvicini ad un rettangolo. Dividetela in striscie a piacimento. La cuoca consiglia 5-6.

Create un impasto omogeneo di 1 etto di burro e 1 etto di zucchero, sbattendolo fino ad averne una crema fluente.
Ecco il nostro ripieno, spalmatelo su ogni striscia.

Arrotolate le striscie.
Ecco le nostre rose.

Posizionatele in una terrina ricoperta da carta da forno, anche distanziate fra loro.

Lasciate riposare la torta pronta per la cottura 1 ora e mezza - 2  a temperatura ambiente, coperta da un panno.

Gran finale, in forno già caldo a 180 gradi per 50 minuti e i seguenti 10 a forno spento.
La cuoca consiglia di posizionare un velo di carta da forno sopra la torta durante la cottura affinchè non si 'colori' esageratamente.


Ecco a voi.
Buon appetito amici.
La mia amica è decisamente una gran cuoca. Di torte.



Tornerò


Voglio leggere righe
gli occhi guardano l'infinito
voglio scavarmi
le parole sono stanche
voglio guardare l'azzurro
ed improvviso la pioggia
viaggiare con la mente e con il corpo
navi e para pendii

non avere fissa dimora
non voglio un letto, ne voglio molti
non voglio un  sole, ne voglio mille
lasciatemi andare
rinchiudermi tra le mie parole
rinchiudermi tra le mie mille facce
mi perderò
e seguirò il vento
lasciatemi andare,

tornerò.



lunedì 11 aprile 2011

DIARIO DI VIAGGIO. Terre Aragonesi.


Tre giorni in Terre Aragonesi. Terra secca, caldo estivo, mai una linea diritta ma un orizzonte che ondeggia come onde, appunto. In lontananza i Pirenei, con la neve che già ti saluta, arrivederci all'anno prossimo. Una cittadina né incantatrice né deludente ma comunque piacevole. Tre giorni di respiro dalla caotica capitale spagnola, tre giorni di normale quotidianità. Quella quotidianità che sembra cosi lontana dalle nostre abitudini acquisite nelle città veloci.
Persone semplici. Con desideri semplici.
Poche anime incontrate anche se qui è venerdì sera. Piccoli e intimi bar. Un concerto di vera buona musica che ravviva il fine settimana di quella tranquilla vita semplice. Uno spettacolo a teatro di sane vive risate. Una gita fuori porta tra le terre vicine né aride né fiorite. Una tappa obbligata a chiesette romaniche e alla grande cattedrale del Pilar del vicino capoluogo per obbligo personal - culturale. Molte chiacchiere. Molte cicogne. Altrettanti silenzi.
La mente libera. Libera da rumori e invasa da silenzio, dolce fischiettio del vento, grida di bambini che giocano a pallone davanti alle porte di casa dove i nonni li stanno a guardare su sedie impagliate a mano. Una palette colori che non varia dal verde olivo - beige terra - grigio risplendente delle rocce ferrose. Gli occhi mirano una sinfonia di onde di terra che spazia ma non coglie l'infinito. La mente è libera e cerca anch'essa i vicoli dell'infinito.
Non ci sono picchi emozionali se non una pace diffusa che invade ogni tendine del tuo corpo. Solo una quotidianità che troppo spesso riusciamo facilmente a dimenticare. Persone semplici, con abitudini ritmate e desideri a portata di mano. Nulla di troppo lontano, nulla che sfugge al meditato equilibrio.
A istanti alterni mi dimentico delle mie fortune. Studiare ciò che piace, valutare a fondo le scelte, assaporare i ritmi vitali di città sorelle ma lontane. Sbagliare, permettersi giri circolari, deviazioni, litigate inutili, dove passare la domenica mare o lago?
Quando a me bastano mare vento e una fedele compagnia. Tutte le altre sono fortune amici miei. Fortune.
Troppo spesso questo mondo veloce ci fa dimenticare.


domenica 10 aprile 2011

I bruchi, la leadership e la foglia di Zorba il greco

Ognuno di noi filtra il mondo attraverso la propria mente. Cercate quindi di andare oltre quello che già conoscete, riempitela di stimoli nuovi, arricchitela di interessi diversi, apritela a qualunque cosa si stacchi dal consueto.
Gli scienziati hanno bisogno di uno spazio per l'arte nella loro mente. Anche la persona più razionale ha bisogno di capire la straordinaria spinta delle emozioni e della passione.
Se saprete preparare la vostra mente ad accogliere il nuovo e lo sconosciuto, allora sarete aperti a tutto ciò che la vita vi potrà offrire. Dovreste essere voi i primi a volerlo. La vita è troppo corta perché il suono e i colori delle giornate siano determinati dalla ristretta visione dei nostri occhi.
Chi non è in grado di vedere prospettive diverse, di ascoltare opinioni differenti, di andare oltre la propria limitata esperienza, perde l'opportunità di vivere con pienezza. E la tragedia più grande è che non si renderà mai conto di ciò che ha perduto.
Tra i libri che ho letto da adolescente, ce n'è uno che mi ha ispirato sul modo di affrontare la vita. Si tratta di «Zorba il greco» di Nikos Kazantzakis. Vorrei rileggere con voi un passaggio:«Noi siamo minuscoli bachi che strisciano su una piccola foglia tra i rami di un albero gigantesco.
Alcuni uomini, i più coraggiosi, raggiungono il limite della foglia. Di là, spingono lo sguardo nel caos.
Tremando, si chiedono quale spaventoso abisso si stenda davanti.
In distanza, sentono il rumore delle altre foglie del colossale albero. Sentono la linfa che per il tronco sale verso la loro foglia. Con il cuore gonfio, curvi sopra il baratro, tremano di paura nel corpo e nell'anima.
Da quel momento comincia il pericolo.
Alcuni soffrono di vertigine e delirano; altri, pieni di paura, cercano di trovare una risposta per tranquillizzare il proprio cuore e dicono: "Dio!".
Altri ancora, dal margine della foglia, guardano con coraggiosa calma il precipizio e dicono: "Mi piace!"».
In quel "Mi piace!" c'è la lezione che avevo promesso di non farvi. E c'è la risposta a quello che sarete domani. Dipende con quali occhi guarderete al futuro. Dipende dalla fiducia che avrete in voi stessi, dalla voglia di conoscere e di mettervi alla prova.
Non ci sarà nessuno a spingervi sul bordo della foglia, fuori dalla routine o dal senso di sicurezza associato all'abitudine. È un compito che toccherà a voi e a voi soltanto.
Ma è anche l'unico modo che avete per maturare e prendere il volo. Io non posso che augurarvi di trovare il coraggio di farlo, ogni giorno, di ascoltare il vostro cuore e di apprezzare quello che c'è di bello nel mondo.
Auguro a ognuno di voi di essere veramente libero, di alzarvi ogni mattina e, guardando a tutto ciò che vi circonda, dire "Mi piace!".

Sergio Marchionne


http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-04-08/bruchi-leadership-foglia-zorba-081132.shtml?uuid=AaEYE9MD&p=3




venerdì 8 aprile 2011

Qui è quel Raffaello da cui, fin che visse, Madre Natura temette di essere superata, e quando morì temette di morire con lui.

 
Dove sta la vostra felicità?
Il Quindici Marzo scorso il Nostro Roberto Saviano attraverso La Repubblica ha dato avvio a un'iniziativa che apre il cuore. Che ci fa credere che per ancora qualcosa in questo mondo vale la pena vivere. La lista della felicità. Saviano ha stilato la sua, poi ha chiesto ai lettori di inviare le loro. In redazione parlano di cinque mila arrivate fino ad oggi. C'è chi dice che il Nostro Saviano si sia ben costruito il suo ruolo nel mondo comunicativo dei nostri giorni, c'è chi dice che stia premendo un po' troppo l'acceleratore sulla sua 'prigionia voluta'. Non voglio entrare in stupidi dibattiti politici barra comunicazionali. Io dico che serve solo un po' di umiltà. Facciamo un passo indietro, e ricordiamoci del coraggio di quel lontano 2006, data di pubblicazione del suo libro-verità, e poi stiamocene un po' zitti su tutto il resto. 

Resta il fatto che l'ultima idea del Nostro gli è riuscita proprio bene. Che si tratti si un sibilo all'orecchio o di uno scossone, queste liste della felicità ci mostrano l'altra faccia di un'Italia dormiente che siamo da troppo tempo abituati a vedere. Bravo.

Per le mie felicità dovrete aspettare, attendo che il mio vento soffi da nord-ovest. Ma ho scelto due punti della lista del Nostro, e bastano questi per capire che la felicità da qualche parte soffia davvero forte, ed è ciò per cui vale la pena aprire quegli occhi ogni mattina, lavarsi quella faccia e infilarsi quella maglietta bianca per prendere la nostra direzione che ogni giorno può cambiare, crescere, evolversi, incrociare grotte e stambecchi, scavalcare burroni.

3) Con la persona che più ami sulla tomba di Raffaello Sanzio e leggerle l’iscrizione latina che molti ignorano

7) Tuffarsi ma nel profondo, dove il mare è mare

a me bastano queste per credere nella felicità. E a voi?


Per i molti che ignorano, Qui è quel Raffaello da cui, fin che visse, Madre Natura temette di essere superata, e quando morì temette di morire con lui.

mercoledì 6 aprile 2011


                     creativi che smettono di essere creativi. e divengono geni.

I carcerieri di noi stessi

 
Spinoza affermava che gli uomini si credono liberi. Si credono, in realtà non lo sono.
Tralasciamo lo sfondo religioso. Prendiamo il pretesto.
O vogliono solamente credersi liberi? La libertà, noi affermiamo, io affermo sempre, è il più bel regalo che un uomo possa avere. La libertà di pensiero, la libertà di scegliere, la libertà di sbagliare.
Ma sembra che noi su questa terra in verità non siamo in grado di gestirla, nè di apprezzarla. Non la vogliamo, in effetti.
Di volontà ci inseriamo in meccanismi sociali, di volontà ci addobbiamo di mezzi di riconoscimento, di volontà ci creiamo relazioni sociali in cui non ci sentiamo liberi. Ci servono riconoscimenti, attenzioni, coccole e specchi. Specchi ovunque. Che ci dicano Chi siamo, Come siamo, Perchè siamo lì in quel momento. Non si tratta di un mero problema di auto-definizione, auto-protezione, auto-coperta-di-una-più-profonda-insicurezza. Tutti gli individui sarebbero così insicuri, ma non è cosi. È che ci costringiamo in un sistema di regole da noi decise, un sistema di regole che prendiamo dal mondo che ci sta intorno e decidiamo che per noi vanno bene e ce le auto-imponiamo.
Ci imponiamo di avere un lavoro che ci riconosca, o ci imponiamo di non averlo per essere più malleabili. Ci imponiamo di avere una certa immagine per gli altri, o ci imponiamo di non averla per non cadere in stupide caratterizzazioni sociologiche. Ci imponiamo di credere nelle relazioni di coppia e di credere nell'amore come unica fonte di vera anima, o ci imponiamo una singolarità-indipendenza forzata per non dover rendere conto a nessuno di quello che siamo. Ma alla fine ci imponiamo di rendere conto a noi stessi, ci auto-valutiamo, auto-definiamo, auto-limitiamo, auto-inseriamo in un percorso.
Perché in fondo ci piace. Ci piace avere un riconoscimento, ci piace guardarci allo specchio e vedere quello che eravamo e pensare a quello che saremo, ci piace avere una risposta di quello che siamo o non siamo da coloro che ci girano attorno, ci piace dividere il nostro incerto individualismo con qualcuno-perderlo-per-poi-ricercarlo, ci piace crearci un cammino che segue le regole o crearci quel cammino in base alle non-regole. Ci piace.
Vorremmo essere liberi, lo siamo sicuramente un po', ma finiamo sempre con l'essere i carcerieri di noi stessi.
Che forse la libertà sta anche in questo?
Sto andando a ruota libera.
Limito la mia libertà di pensiero automatico.
Pensate amici miei, usate quel cazzo di cervello, fatevi domande, è l'unica forma di libertà davvero libera.
È il mio buon consiglio di oggi. Se sono io persona adatta a dare consigli, questo è ancora da vedere.

just.

martedì 5 aprile 2011

Siete già nudi

 'Ricordarsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le scelte più grandi della mia vita.
Perchè quasi tutte le cose tutte le aspettative, tutto l'orgoglio, tutti gli imbarazzi e i timori di fallire semplicemente svaniscono di fronte all'idea della morte, lasciando solo quello che c'è di relativamente importante.
Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che avete qualcosa da perdere.
Siete già nudi.
Non c'è ragione per non seguire il vostro cuore.' 

(S. Jobs)

Il vento ha ricominciato a soffiare

 
C'erano una volta le fanzine. Blog di carta e inchiostro decisamente personali che respiravano di creatività e intimità. Ora ci sono i blog e internet sulla punta del nostro dito, ci serviamo del mondo nel tempo di un caricamento di una pagina web. Ma a me il feticcio della carta, dello spessore, delle matite colorate e del profumo del blocco appena comprato rimane. E questo blog è la mia dedica alla loro memoria.
Perché poi si scrive un blog, questo ancora non è molto chiaro. Per piacere personale, per sfidare se stessi, per esercizio di scrittura. Sì, per tutto questo.
Troverete qui vestiti, torte e pensieri. Arte, citazioni e pan di zucchero. Ci saranno emozioni e mandorle, scarpe e filosofia.
Quindi, buona fortuna a me.
E buona lettura a voi.
Il vento ha ricominciato a soffiare.