Lui è
abbastanza irriverente, abbastanza oratore, abbastanza compiaciuto
della sua parola e del suo cervello, da piacermi il giusto. Sto
parlando di Matteo Renzi, quel ragazzotto che dalla curva della
Fiorentina gioca a fare il segretario di partito. È partita oggi
dalla mia Verona la sua campagna elettorale di candidatura alle
primarie del Partito Democratico ed io ero lì ad ascoltarlo. Intenzionato a girare tutte le 108
tappe stabilite, fra province e comuni, si arma della sua ammaliante
parlata e con i suoi compagni di viaggio parte su quel camper che fa
tanto turista tedesco. Alla faccia di chi si prende gioco dei
camperisti. Bello. Signori, stiamo parlando pur sempre di politica, e
politica rimane, ma lo zucchero renziano addolcisce quella patacca di
realtà in cui ci troviamo a vivere. Parla di sogni, parla di amici,
di un futuro chiamato Europa e fa sentire i tuoi 25 anni non così
fuori posto in quella sala piena di ufficialità. “Siamo qui a
puntare il compasso sui 25 anni appena trascorsi e girarlo dall'altra
parte”. Mi sento quasi vecchia, è ora di darsi una mossa e
riempire di rivoluzioni la propria vita. Mette forza questo Renzi che
ammalia. Sembra gli venga tutto da lì, dalla pancia, non perde una
battuta, una pausa al punto giusto, fa centro il nostro Renzi. Di
sicuro avrebbe fatto l'attore, da grande. Ma è bravo, anche nella
testa. “Noi non veniamo dal pianeta delle chiacchiere” - dice, ma
è impreciso. Perché noi sì che veniamo da quel pianeta costellato
di cinguettii e condivisioni fotografiche, il segreto sta nel girare il
tutto a nostro favore, e far diventare quelle chiacchiere strumento
per una potente realtà. I confronti generazionali sono ancor più
divertenti quando torno a casa dove la battaglia discorsiva si
accende tra il babbo (mio) bersaniano e la bionda figlioccia
renziana. L'importante è lasciare sempre aperte le domande, mi ha
insegnato qualcuno. Non è tutto oro quel che luccica, lo sappiamo
bene, certo che il nostro Renzi tira a segno e ci affascina ancora
una volta con il richiamo della lettera a testamento di Ambrosoli.
Bravo.
“Dovrai
tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei
quali noi abbiamo creduto [... ] Abbiano coscienza dei loro doveri
verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho,
verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa”.
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