lunedì 2 maggio 2011

Salvato. dal nero.


C'era una volta un uomo. Un uomo che ogni giorno prendeva quella macchina, ogni giorno si sedeva a quella scrivania, ogni giorno tornava al calar del sole. Molte facce passavano di fronte ai suo occhi ma ancor di più moltissime storie. Al tramonto sua moglie lo aspettava. Da 36 anni. Un bacio sulla guancia, una tovaglia a righe, fiori del giardino. Le storie, le facce di colpo sparivano. Il diverso, il mondo.

Avevano un cane. Di nome faceva mattina. Il secondo, cane, lo chiamarono pomeriggio. E una gatta, notte.
C'era una volta una fanciulla che tutti in paese chiamavano ipocrisia. Che talvolta bussava alla porta dell'uomo, portava fiori e una fetta di torta. Alle volte passava il postino che lasciava lettere per quell'uomo, si chiamava va tutto bene. Il barbiere di fiducia giorno dopo giorno.

La domenica curava il suo orto, il sabato i suoceri e la partita. Orario o antiorario non cambia. Il tempo scorreva come lacrime sul viso. Ma lacrime non vi erano. Non vi furono. Non vi sarebbero state.

Era autunno, il sole calava all'orizzonte ma appariva già pallido. La fanciulla bussò alla porta come molti altri pomeriggi, che non erano cani, e salvò quell'uomo. Lo salvò per tutti quegli anni. E avrebbe continuato a farlo.

Dal conoscere il nero.

E sul viso dell'uomo un sorriso pallido continuò a tornare. 



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