mercoledì 11 maggio 2011

Il fantasma del male.

Ora che Bin Laden è morto, il mondo sarà migliore o peggiore? In entrambi i casi, lo sarà indipendentemente da Osama, anche se nessuno potrà cancellare la tragedia delle Torri gemelle.
Il mondo prima non era diverso: buono o cattivo, non era stato Osama Bin Laden a determinarne la qualità. Quando l'effetto mediatico, la voglia di sapere, la sete di vendetta o di giustizia si saranno placate, si capirà che le cose stanno così.
Dall'apparire sulla scena internazionale del terrorismo col suo brand, alla fine ad Abbottabad, i mercati mondiali hanno spesso mostrato ansietà, mai panico. Il caos scoppierebbe se Vladimir Putin tornasse a fare il presidente della Russia imponendo una nuova forma di socialismo nazionalista, bloccando i gasdotti e stracciando gli accordi sulla riduzione delle armi nucleari strategiche. Se in Arabia Saudita protestasse un decimo dei manifestanti scesi in piazza al Cairo, il barile di greggio schizzerebbe a 300 dollari e nello spazio di una notte saremmo costretti a chiederci se esista una vita oltre il petrolio.
Osama Bin Laden non è così importante perché non è mai stato un soggetto geo-strategico e ancor meno economico, con la forza di cambiare il mondo. I suoi attentati sono stati orribili, solo una potenza militare e industriale come il Giappone del 1940 era stata capace di colpire l'America sul suo territorio. Il terrorismo che ha scatenato però minacciava la vita di ciascuno di noi, non il nostro modo di vivere. Anche se i suoi seguaci si vendicheranno, per quanto violente, le loro azioni terroristiche non cambieranno il mondo.
È inaccettabile rischiare di morire scendendo in metropolitana; alcune pesanti misure di sicurezza hanno reso gli aeroporti luoghi meno accoglienti e le nostre polizie meno tolleranti. Ma Bin Laden e il suo progetto di ripristinare un califfato medievale non sono mai stati così potenti da mettere in pericolo il nostro sistema. Nemmeno quelli illiberali dei regimi arabi che lui denunciava come blasfemi.
Quando George Bush metteva al-Qaida sullo stesso piano del nazismo faceva solo propaganda e mancava di rispetto ai milioni di europei e di americani che avevano lottato contro il vero Grande Male della Storia. L'11 Settembre sarà sempre una data tragica ma non diventerà mai lo spartiacque da un evo all'altro. Certo, dieci anni fa gli Stati Uniti erano «la nazione indispensabile», l'unica grande potenza globale. Oggi non lo sono più in modo così esclusivo e sembra che Barack Obama ne sia felice. Osama Bin Laden ha solo accelerato – eventualmente – questa tendenza che si sarebbe sviluppata comunque: Cina, India, Brasile, Turchia sarebbero cresciute anche se l'America non fosse stata impegnata nella guerra al terrore. Se in questo decennio gli Stati Uniti hanno perso credibilità e consenso fra molti sostenitori di un tempo, forse dipende più dal monumentale debito pubblico accumulato dall'ex presidente che dal pericolo di al-Qaida. E dipende più dai comportamenti dell'amministrazione Bush alle azioni di Bin Laden che dallo stesso Bin Laden. Oggi scopriamo che dagli interrogatori di Guantanamo è partita la pista per arrivare alla villa di Abbotabad. Ma questo non scalfisce l'immoralità di quel lager che ha umiliato le tradizioni della giustizia e delle libertà americane.
Durante la campagna elettorale del 2004 che avrebbe perduto, il democratico John Kerry sosteneva che presto o tardi l'America avrebbe dovuto convivere con la minaccia del terrore di matrice islamica. Come con la droga e la prostituzione, disse: minacce che richiedevano lo sforzo della polizia e dei giudici ma che non imponevano agli americani di cambiare il loro modo di vivere. Quella al terrore era e rimane una guerra anomala che non saremo mai certi di aver vinto. Ma adesso che Bin Laden non c'è più l'invito di Kerry a liberarci del fantasma è quanto mai attuale: possiamo continuare a vivere le nostre vite come prima. Forse anche meglio di prima.

Ugo Tramballi





cinismo critico?
amici, per come la vedo io è un bel punto di vista, da condividere o meno, non è ciò che conta, se ci può far pensare. pensare a cosa? al sistema capitalistico in cui viviamo che esclude problematiche sociali se non influenzano il mondo con i propri mercati, alle inutili guerre al terrore, a fantasmi del male che per ora sembrano scomparsi, ma saremo bravissimi a costruirne altri, a un mondo che cambia solo rispetto ai mercati. cinismo? forse, ma qualcosa di verò pur ci sarà.

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