Si spegne il desiderio. Il cromosoma Y è sul viale del tramonto. Sembrava una rappresentazione in tre atti della crisi del maschio, trascinata dalla camera da letto fino ai laboratori. Con le donne destinate a mantenere un bel genotipo simmetrico (XX) e gli uomini che si ritrovano con una X soltanto e nient’altro (Xo). E invece no. Il cromosoma Y si è preso la rivincita: non è vero che sia irrimediabilmente destinato all’estinzione, come si è detto nell’ultimo decennio. Non è vero che perde pezzi e continuerà a farlo fino a essere rimpiazzato da uno zero. Anche fra 5-10 milioni di anni, con ogni probabilità, il genotipo XY sarà il marchio di fabbrica dei discendenti maschi dei primati, uomo compreso.
La notizia è arrivata sulle pagine della rivista “Nature”, con un lavoro firmato da Jennifer Hughes e David Page: il confronto delle sequenze del cromosoma sessuale maschile di Homo, scimpanzé e macaco rhesus ha decretato che è stabile da molto, moltissimo tempo. Con buona pace della teoria della degenerazione (rotting theory) e delle sue funeste previsioni. Il segmento di Dna che determina lo sviluppo dei testicoli, dunque, è al sicuro: non dovrà cercare ospitalità su un altro cromosoma, come un profugo, per poter assicurare la sopravvivenza dei figli di Adamo. Ed è un po’ come se insieme a questo gene detto Sry si salvasse anche l’ego del maschio. Basta aver letto Io e lui di Albero Moravia per sapere che molti uomini hanno con il proprio organo sessuale un rapporto speciale, dialettico e al tempo stesso di identificazione. “Il io nome è Federico, meglio Rico, lui lo chiamo Federicus rex”, scriveva Moravia all’inizio degli anni 70, raccontando le avventure di un giovane alle prese con una sessualità esuberante, difficilmente controllabile. Non solo Rico dialogava col suo membro, a voce alta o mentalmente a seconda dei casi, ma aveva scelto per lui il nome di un re vittorioso. Si tratta di letteratura, certo, ma anche di una colorita lezione di psicologia. Spesso e volentieri, nella lingua come nell’immaginario, una parte saliente finisce per rappresentare il tutto, ecco allora la trappola della sineddoche pronta a scattare. Uomo-pene-Y. Poteva l’effige spaccona del re di Prussia coesistere con quella di un alter ego cromosomico che si rimpicciolisce fino a scomparire? I corpi cavernosi di Federico il Grande possono essere l’incarnazione delle istruzioni genetiche impartite da Pipino il Breve, il più miserabile dei cromosomi?
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E se invece dovesse accadere l’irreparabile? Sarebbe la fine dell’uomo o la fine dell’umanità? Gli ominidi orfani dell’Y, che magari avranno abbandonato la Terra per colonizzare nuovi pianeti, saranno tutti di sesso femminile come in certe storie di fantascienza? Si riprodurranno per clonazione? Magari fabbricheranno spermatozoi artificiali con le staminali? Fermi tutti. Anche nel caso peggiore, l’evoluzione offre possibilità insperate. Nel mondo animale esiste già qualche specie che ha preso l’Y senza aver riportato danni, e senza che i diretti interessati se ne siano neppure accorti. Sono dei roditori transcaucasici (Ellobius) e giapponesi (Tokudaia). Questi esempi ci dicono che i geni chiave della mascolinità possono spostarsi su un cromosoma più stabile e continuare tranquillamente il lavoro fuori sede.
In poche parole, morto un Y se ne può fare un altro.
Corriere della Sera
la LETTURA
di ANNA MELDOLESI
E pensa che la Lancia Y la pubblicizzano come auto per donne...ci sostituirete con una macchina??? ;-)
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