mercoledì 1 febbraio 2012

IL MERCATO DEI DIRETTORI


  
Perché, vedete, signori, quando si parla di arte non parliamo solo di quadretti e tante emozioni, certo le emozioni sono quelle che stanno alla base e nessuno dovrebbe mai dimenticarlo, sapete quelle cose noiose quando si parla di passione che ti fa vivere e bla bla che a voi tanto annoiano ma dovreste aprire gli occhi, perchè è cosi che si vive.
Tuttavia, per non perderci, dicevamo.. L'arte non è solo quadretti, ma sono davvero molti molti moltissimi soldi, e nessuno è qui a nascondervelo. Molti davvero signori, che voi, ed io, nemmeno abbiamo mai visto a cotanti zeri. E invece è un mercato di direttori preparatissimi e disposti a ricoprire gli incarichi in ogni faccia di questo mondo, non stanno attaccati alla propria sedia italiana, ma ad un'importante sedia si, perchè un po' per fortuna, un po' per conoscenze ma anche per molta molta preparazione loro lì ci sono arrivati, e quando ti fai portavoce anche solo di un pezzetto della cultura del nostro mondo, bè, signori.. voi rinuncereste ad una parte del vostro cervello? Ve la siete un po' conquistata. E se, come il mio animo gentile crede, la passione li ha spinti fin li, perchè la cultura è passione, molti soldi, ma molta passione, spero che un giorno la mia, di passione, mi spinga anche solo al primo gradino della loro scala.
Questo articolo che vi allego non è per niente una aperta polemica al mercato dell'arte, ma in un'attualità fatta di monti, passere e papi, un po' di nomi, non freschi perchè anche loro cominciano ad avere la loro età -pochi esclusi- dicevamo, un po' di nomi per farvi conoscere chi siede alle direzioni di quelli che oggi la maggior parte di voi conosce come posti-in-cui-bisogna-andare-a-newyork-milano-berlino-tokyo. Un po' di nomi diversi non vi faranno male.. su su, la cultura e il suo mercato è più vivo che mai, la nostra anima si deve sempre nutrire, c'è speranza anche per la sottoscritta.



Il Mercato dei Direttori



 

AAA direttore di museo (ma anche curatore di fondazione, galleria o biennale) cercasi. Purché, naturalmente, referenzatissimo. Altri titoli richiesti (oltre alla banalissima conoscenza della lingua, inglese e italiana)? «Qualificate conoscenze nel settore, consolidate relazioni internazionali nel settore, esperienze di curatela con ruoli di responsabilità nella gestione di fiere e istituzioni pubbliche o private, anche da freelance, purché di almeno tre anni» (così come di tre anni sarà l’incarico). Stipendio base: «novantamila euro (lordi) all’anno oltre a una percentuale variabile fino ad un massimo di 20.000 sempre lordi al raggiungimento degli obiettivi indicati».
Quello scelto dalla Fondazione Torino Musei (il nome del nuovo direttore sarà deciso entro il 15 febbraio) per trovare la prossima guida artistica per un osservatorio mondiale come «Artissima» (dal 9 all’11 novembre 2012) non appare in fondo che un modo per sfuggire alla «compagnia di giro» che ha di fatto in mano la direzione delle grandi istituzioni (private) d’arte. E che sembra far riferimento sempre ai soliti contesissimi nomi (quelli che regolarmente compaiono ad ogni cambio della guardia): da critici come Germano Celant (presidente della Fondazione Prada e senior curator del Solomon Guggenheim Museum), Achille Bonito Oliva (vicepresidente del Madre e curatore delle collezioni contemporanee della Certosa di Padula) a Vittorio Sgarbi (curatore del Padiglione Italia all’ultima Biennale di Venezia), tutti e tre inseriti da «Artribune» ai primi posti tra gli uomini più potenti dell’arte contemporanea in Italia. E ancora Hans Ulrich Obrist (direttore dei progetti internazionali per la Serpentine Gallery di Londra ma anche tra i consulenti per le mostre della Pinacoteca Agnelli di Torino) e Francesco Bonami (manilow senior curator al Museum of Contemporary Art di Chicago e direttore artistico della Sandretto Re Rebaudengo di Torino). E poi: Philippe Daverio (conduttore in tv di «Art’è» e «Passepartout» e già direttore del Museo del paesaggio di Verbania), Flavio Caroli (da poco nominato al Maga di Gallarate), Mario Codognato (curatore generale del Madre), Cristiana Collu (già direttrice del Man di Nuoro ora al Mart di Rovereto), Gabriella Belli (passata dal Mart ai Civici Musei Veneziani), Andrea Bellini (ora al Castello di Rivoli dopo aver guidato «Artissima»), Valentina Castellani (oggi alla Gagosian di New York), Vittoria Coen (già direttrice della Civica di Trento), Luigi Fassi (direttore artistico di Ar/ge Kunst), Luca Beatrice (curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2009), Giacinto di Pietrantonio (direttore della Gamec di Bergamo), Bartolomeo Pietromarchi (prima direttore della Fondazione Olivetti e oggi del Macro), Gianluca Marziani (direttore artistico di Palazzo Collicola di Spoleto), Pio Baldi (presidente della Fondazione Maxxi). E tornando ad «Artissima» (ma anche il «diverso» metodo per la scelta del direttore non ha comunque impedito che circolassero sempre i soliti nomi) proprio da lì è partito il percorso che ha portato Manacorda da Torino alla Tate di Liverpool.
Ma come si sceglie il direttore di un progetto d’arte contemporanea? «Quando nel 2002 ho iniziato ad occuparmi della Fondazione — spiega Beatrice Trussardi — prima mi sono guardata attorno cercando qualcuno vicino alla nostra idea di arte contemporanea». E perché poi ha scelto Massimiliano Gioni, altro nome di punta? «Perché era giovane, internazionale, motivato e preparato». Da lì Gioni (formatosi con Bonami) ha spiccato letteralmente il volo, approdando (la nomina è di pochi mesi fa) alla codirezione del New Museum di New York, continuando comunque a dedicarsi ai progetti della Fondazione Trussardi. Questi dell’affinità (ormai celeberrima quella che lega ad esempio Celant a Miuccia Prada) , della preparazione e della internazionalità sembrano essere i parametri fondamentali. Mentre un po’ più confuso è il criterio di definizione di «compensi» tendenzialmente «proporzionati al budget a disposizione della struttura». Le ultime cifre a disposizione sono quelle relative al Madre di Napoli (della Fondazione fa parte anche la Regione Campania) e dimostrano in qualche modo la mancanza di parametri precisi: quando a dicembre si è parlato della sostituzione di Eduardo Cicelyn (che del museo è stato anche tra i fondatori) discutendo dei compensi si è passati dai «200 mila euro all’anno» dichiarati dal presidente della Fondazione Pierpaolo Forte ai «150 mila lordi senza benefit di nessun tipo e senza alcuna indicizzazione nel corso degli anni» di Cicelyn. Simili le cifre dichiarate, per il 2011, anche dal Man a proposito della direzione della Collu: 177.270,34 (al lordo). E anche dal direttore del Mambo di Bologna Gianfranco Maraniello: 101.515,41 euro (sempre lordi).
Perché, si parla d’arte certo, ma è pur sempre l’argent de poche a far la differenza. Quando si è parlato della sostituzione di Davide Rampello alla direzione della Triennale di Milano (Rampello è un altro nome di punta che ricorre ad ogni «nuovo giro») è emerso che il suo stipendio era «solo di 19 mila euro all’anno» («Oggi il perfetto direttore di una fondazione d’arte — sostiene Rampello — è quello che è manager e esperto d’arte al tempo stesso, così si evitano contrasti tra chi gestisce i fondi e chi organizza le mostre»). E ancora di soldi si finisce per parlare quando si analizza la differenza tra musei statali e fondazione private: «Non sono ruoli dirigenziali — spiega Roberto Cecchi, sottosegretario del ministero per i Beni culturali —, ma da funzionari, per i quali si avanza per graduatoria o carriera. Per questo lo stipendio del direttore di un museo è quello da funzionario, dai 1.500 ai 1.800 euro mensili». C’era da aspettarselo ma aveva fatto ugualmente scalpore scoprire comunque, qualche anno fa, che il direttore degli Uffizi Antonio Natali avesse uno stipendio di nove volte più basso di quello del direttore della National Gallery di Londra.
All’estero la situazione non cambia di molto. Lo stile resta quello della «compagnia di giro». Così David Bonford è da poco approdato ad un gruppo di fondazioni private britanniche dopo aver diretto il Paul Getty Museum di Los Angeles (al suo posto il ceo dello stesso Getty, James Cuno). Così Stijn Huijts è subentrato a Alexander van Grevenstein (che l’aveva governato per ben 25 anni) al Bonnefantenmuseum di Maastricht dopo aver a sua volta diretto per oltre dodici anni l’Het Domein di Sittard (altro museo olandese d’avanguardia). Mentre Sheena Wagstaff già curatrice di mostre su Hopper e Lichtenstein, è arrivata dalla Tate di Londra direttamente al Met di New York. Certo una scelta che testimonia «la voglia del Met di puntare sempre di più sull’arte contemporanea» (per il 2015 si annuncia oltretutto un’inedita collaborazione con un’altra grande realtà museale come lo Whitney). Ma dove i soldi fanno ancora una volta la parte del leone: nel 2010 Glenn Lowry, all’epoca direttore appunto del Metropolitan Museum, guadagnava ben 1,32 milioni di dollari all’anno. Nientemeno che il triplo del presidente Obama.

Stefano Bucci

Il Club della Lettura
Corriere della sera Online



   

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