mercoledì 19 settembre 2012

La generazione senza macchina


( Shirin Neshat )

Oggi la piccola mia ha compiuto sei anni. Che fa tanto affermazione da diario della zia zitella, ma è pretesto per il dopo, chiaro. Festina di compleanno con torte a due piani perfettamente riuscite, tutti felici e con la pancia piena. Si gioca, la zia fa maschere di animali per tutti e sente che un pezzo della sua casa è lì. Tutto bene fin lì, poi alza lo sguardo. Da una parte villette a schiera di colori pastello, dall'altra mamme che parlano dell'ultimo centro estetico aperto in paese. È la classica giornata che inizia col sole e finisce con le tenebre dei tuoi pensieri. Soffocare. Non serve aggiungere altro. Dove si spinge il sogno umano se attorno a me vedo un futuro di villette a schiera, barboncini dal pelo sempre troppo sporco e una sedia per i tuoi prossimi dieci anni che chiamerai ufficio? Io non ci sto. Ma non vedo oltre le tenebre, stasera. Tutto mi dice che per continuare a ballare devo mantenermi nel recinto: la nonna, la televisione, i giornali. Pane e desideri non bastano più. Mi tremano le gambe. Quando anche le certezze cominciano a vacillare ti accorgi che è il momento di cambiare. Prospettiva.

“ Erano uomini splendidi, benchè di natura un po' schiva, poco portati a vivere in armonia col mondo, orgogliosi; però credevano in qualcosa: nell'onore, nelle virtù virili, nel silenzio, nella solitudine, nella parola data, e anche nelle donne. E quando subivano una delusione, si rifugiavano nel silenzio. ”
(Sàndor Màrai, Le braci)

Ora serve rigore. E silenzio. Le bastonate arrivano da ogni lato. La generazione senza futuro e senza una macchina, da potersi permettere, siamo noi e non è difficile crederlo. Mi sforzo, mi rinchiudo in quel rigore per raggiungere quell'obiettivo. Per crearmi i miei mezzi. Un aeroplano di carta e una parola che attrae. E volare via da qui. È difficile vivere in un mondo che ti sa dare solo relazioni estemporanee, lavori estemporanei, dimore estemporanee. Poi mi chiedete come mai non vorrei tornare? Là la felicità è essere a cena con altre cinquanta anime che hanno cento storie da raccontare, qui rincorrere con la macchina una compagnia che durerà l'ora di un aperitivo. Questo vi basti. Soffocare. La mia felicità, stasera, sembra non essere dietro la porta gialla. Mi impongo un silenzio, onorevole e pieno di possibilità.  


giovedì 13 settembre 2012

Sposta il camper, ADESSO! #MatteoRenzi2012


Lui è abbastanza irriverente, abbastanza oratore, abbastanza compiaciuto della sua parola e del suo cervello, da piacermi il giusto. Sto parlando di Matteo Renzi, quel ragazzotto che dalla curva della Fiorentina gioca a fare il segretario di partito. È partita oggi dalla mia Verona la sua campagna elettorale di candidatura alle primarie del Partito Democratico ed io ero lì ad ascoltarlo. Intenzionato a girare tutte le 108 tappe stabilite, fra province e comuni, si arma della sua ammaliante parlata e con i suoi compagni di viaggio parte su quel camper che fa tanto turista tedesco. Alla faccia di chi si prende gioco dei camperisti. Bello. Signori, stiamo parlando pur sempre di politica, e politica rimane, ma lo zucchero renziano addolcisce quella patacca di realtà in cui ci troviamo a vivere. Parla di sogni, parla di amici, di un futuro chiamato Europa e fa sentire i tuoi 25 anni non così fuori posto in quella sala piena di ufficialità. “Siamo qui a puntare il compasso sui 25 anni appena trascorsi e girarlo dall'altra parte”. Mi sento quasi vecchia, è ora di darsi una mossa e riempire di rivoluzioni la propria vita. Mette forza questo Renzi che ammalia. Sembra gli venga tutto da lì, dalla pancia, non perde una battuta, una pausa al punto giusto, fa centro il nostro Renzi. Di sicuro avrebbe fatto l'attore, da grande. Ma è bravo, anche nella testa. “Noi non veniamo dal pianeta delle chiacchiere” - dice, ma è impreciso. Perché noi sì che veniamo da quel pianeta costellato di cinguettii e condivisioni fotografiche, il segreto sta nel girare il tutto a nostro favore, e far diventare quelle chiacchiere strumento per una potente realtà. I confronti generazionali sono ancor più divertenti quando torno a casa dove la battaglia discorsiva si accende tra il babbo (mio) bersaniano e la bionda figlioccia renziana. L'importante è lasciare sempre aperte le domande, mi ha insegnato qualcuno. Non è tutto oro quel che luccica, lo sappiamo bene, certo che il nostro Renzi tira a segno e ci affascina ancora una volta con il richiamo della lettera a testamento di Ambrosoli. Bravo.

Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [... ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa”.



mercoledì 12 settembre 2012

Ritorno a settembre.



( questa vi basta come foto da settembremalinconia ? )


Questa mattina ho accompagnato quello splendore della mia nipotina di fronte alla sua nuova scuola. Il suo primo giorno di scuola. Cielo grigio, odore di afa non ancora bagnata, mamme semi indaffarate abbigliate da ufficio, uno di quei tipici giorni da catalogare come, appunto, primo giorno di scuola medio in cui ti accorgi che qualcosa sta iniziando. E qualcosa è già alle tue spalle. Se non fosse per la radio che trasmette ancora le hits che hai ballato (mezza) ubriaca sulla spiaggia per tutta l'estate, ti sembrerebbe di stare nello stesso mondo. Ma ogni anno, al contrario di ogni smemorata aspettativa, settembre ti cade sulla testa come una secchiata d'acqua dal quarto piano. Lo sguardo è assente come il più stupido borghese barboncino, boccheggi per il caldo cittadino a cui puntualmente non sei abituata, ti trascini i tic nervosi del più classico nervosismo da rientro, ti annusi la pelle cercando l'odore di sale, degli sguardi e dei baci che ti hanno sfiorato. Ho letto che per affrontare settembre qualcuno consiglia di aggrapparsi a qualcosa: “una promessa, un imperativo, un progetto, un cambiamento, un sogno. Per trovare la forza di rimettermi le calze, o almeno le scarpe” (sante parole). Ottimo, non c'è piano migliore, anche perché è quello che hai sempre fatto: indaffararti l'esistenza cercando qualche forma di salvezza per il rigido inverno (nemmeno fossi un orso). Poi c'è una cosa di cui bisogna, invece, disfarsi: dell'improbabilità che caratterizza le relazioni che strascicano verso settembre (sempre le sante parole). Non sto parlando dei pluri-rotolamenti notturni da spiaggia, o almeno non solo di quelli, ma anche dei legami stretti con troppa intensità durante il periodo estivo in questione. Le promesse che non dureranno e la preziosità di quegli istanti vanno salvaguardati con il più bel ricordo di cui sei capace, con la giusta malinconia e senza innescarti in quei meccanismi twitteriani e facebookkiani a te così cari. Perché poi, puntualmente, ritorneranno il prossimo anno come se nemmeno un secondo fosse passato. Dicono, poi, che nella vita ci siano sempre due versioni della stessa storia, dello stesso racconto o ricordo. Ma, forse, da dove vengo io, ce ne sono anche tre o quattro, di versioni. Di racconti, storie e ricordi sfioriamo il trilione. E non è detto che la tua, di versione, sia quella corretta. Anzi, il più delle volte è quella totalmente cannata. Il che contribuisce al caos interno ed esterno in cui ti ritrovi a settembre. Tutto chiaro, no? Forse, solamente, non mi ricordo più come ci si innamora, di persone e di luoghi. E l'epica condizione del vorrei-ma-non-posso mi tiene lontana da ferite (che non siano sotto i piedi) non richieste. Io, nel dubbio, continuo a ballare. Con tutti i capelli sul viso. E non m'importa se talvolta concedo giorni di ferie al mio cervello e ritorno ad avere i diciottanni che non ho mai avuto. È bellissimo.


difficile spiegare / è difficile capire se non hai capito già
(Vedi cara, Francesco Guccini)



mercoledì 22 agosto 2012

IL RITMO DELLA VITA





Ogni volta la stessa storia. Una vita di incontri in mare e sguardi notturni. I bei vestiti dimenticati nell’armadio e acqua salata in gola. Non c’è nemmeno più bisogno di condire l’insalata. È lo sguardo sul mondo che cambia e ti rende la persona che sogni di diventare. Io la vita la prendo così. Dove le pause sono respiro e la quotidianità invernale un sonno perpetuo. È il mio callo. Questa è casa mia. Vado per restare, parto per tornare. Ogni volta la stessa storia, di quel vento come medicina. Sono i tagli sotto i piedi che ti rendono più bella, sono le ore per mare che ti insegnano a affrontare la vita con la pancia. È già malinconia. È l’estate che non finisce, ma già vive di ricordi. I calli sulle mani sono abbastanza duri, l’abbronzatura da giubbetto è abbastanza impressa come inchiostro, i tagli sotto i piedi sono abbastanza taglienti da restare ancora per qualche mese. È, quasi, ora di tornare. È una storia di pancia e problemi non affrontati. C’è chi ti insegna che le barche hanno un’anima e il nano che ti abbraccia quando hai la giornata storta. C’è chi ti toglie la spina di riccio sotto il piede e chi, per quel sentiero dove non passa nessuno con qualche birra di troppo, ha un sorriso per te. Di quelli che partono da dentro. E poi c’è  chi quella mattina doveva perdere l’aereo. Perché sotto questo cielo di Sardegna, dove ci sono tutte le stelle che non hai mai visto, poteva scrivere moltissime altre storie. È questo mare che scandisce il ritmo della vita. Un po’come il reggae. Lascerò, alla mia maniera, decidere al mare. 



martedì 10 luglio 2012

decide il vento. passo e chiudo.


L'HO RIFATTO.
SCUSATEMI.
SCAPPO.
DECIDE IL VENTO,
d'altronte (sempre lui).
(ma questa volta vi aggiornerò)

(vostra) bionda



lunedì 9 luglio 2012

Collezionatevi.




Forse voi credete di essere dei maniaci compulsivi nella ricerca del letto perfetto, nella ricerca dell’abito perfetto, ma non lo siete. Vi state solo concentrando sul particolare e costruendo la vostra visione del mondo. I miei genitori hanno delle gambe del letto fatte con dei libri: gambe diverse da comparare o cultura casalinga? leggere-con-i-piedi o tocco di design? è la prospettiva sul mondo che cambia il tuo mondo. 
C’è tempo per guardare il quadro generale, meglio, per ora, riempire la vita di pezzettini. Pezzettini di pane, di persone, di passioni. Ricamate la vostra vita come farebbe il miglior sarto di costumi del carnevale veneziano. Ricamatela con quante più sfumature potete. Fissatevi sulla scelta del letto, ma poi fissatevi sulle tagliatelle al ragù, passando per un libro o un blog. Trovate il letto perfetto, e poi dormite in un’altra casa. Trovate l’abito perfetto, e poi passate le serate in tuta sul divano. 
Vedrete il mondo con un paio di occhiali, poi è semplice, basta cambiare occhiali. 
Cambiare il punto di vista, tutto qui.
Il rischio dispersione e non conclusione è molto alto, si sa, ma quel quadro generale per ora è lontano. 
Meglio collezionare, per ora, quei pezzettini del puzzle, uno ad uno, con attenzione, rigore e pazienza.
Non c’è tempo per tutto, ma c’è tempo per ogni cosa. 
Anche di credere agli oroscopi, che talvolta sono davvero lo specchio più limpido di te.  



Il tentativo si sospende subito, se si insistesse non sarebbe più un tentativo.
La visione apparsa deve svanire, altrimenti sarebbe realtà.
La via non è obbligatorio seguirla tutta, è abbastanza averla registrata sul navigatore. 
Il sogno e il gioco s’intersecano.
Nuovo modo di impaginare i sentimenti.
Fate volare i fogli.
- Decide il vento -
Le lettere si sciolgono e si ammorbidiscono, a contatto con l’acqua.
Senza alcuna drammaticità. 
Ma mai dimenticare la strada di casa.
Ciò che precede e segue è piacevole discontinuità.

(Cancro)





sabato 23 giugno 2012

Tieni sempre conto del cambio di variabile




si dice che la cosa migliore di Las Vegas è che lì puoi diventare quello che vuoi
si dice che ognuno debba cercare la sua Las Vegas.

Perché non si nega a nessuno di diventare ciò che vuole
è un po’ come il dito nel barattolo di nutella, prima o poi ci arrivi ad infilarlo
è una questione di punti di vista
dove eri, dove sei, dove vuoi arrivare
fai i tuoi conti e poi rimescola le carte
altrimenti ci penserà qualcun altro a farlo per te
è la legge del gol che non ti aspetti,
ma che arriva sempre.
Ma non smetterai di pensare alle merende notturne.
Non perderti di vista
puoi diventare ballerina e astronauta
non c’è semaforo che tenga al desiderio che esprimi.
Solo, tieni sempre conto del cambio di variabile
e del dito nel barattolo.
Pulisciti le mani che poi appiccicano,
e gioca ad armi pari con la vita.