martedì 27 dicembre 2011



Secondo alcuni autorevoli testi di aeronautica, 
il calabrone non può volare a causa della forma e del peso 
del proprio corpo in rapporto alla supeficie alare.
Ma il calabrone lo ignora e perciò continua a volare.

Igor Sikorskij



è esattamente questo.
teoria vince su realtà.
noi eravamo naturali.



lunedì 26 dicembre 2011

Devo rileggere Jane Austen.



Che cosa farebbe Jane Austen oggi? Di sicuro si comprerebbe un iPhone, da infilare magari in una it-bag (o anche no, Jane Austen amava i vestiti, ma non sarebbe mai andata in bancarotta per una borsa), manderebbe sms puntuti e spiritosi all'uomo che le piace, e, tra ragione e sentimento, sceglierebbe comunque il secondo. E poi aprirebbe Facebook per qualche gossip in diretta: perché, se non può vivere senza amore, non si può nemmeno senza pettegolezzi.
Poi ci sono le mostre: le incurably romantic vanno a Milano a vedere i broccati settecenteschi (e le teste mozzate) di Artemisia Gentileschi a Palazzo Reale, ma anche i video immaginifici di Pipilotti Rist alla Fondazione Trussardi (o, semmai, alla Hayward Gallery di Londra).
Jane Austen sarebbe d'accordo? Ma certo. È stata lei che ci ha insegnato a credere nel lieto fine, sempre e comunque. Nei buoni sentimenti. Nella capacità di indignarsi davanti alle ingiustizie. Nel potere della consolazione, che sia un libro o un paio di scarpe. Nell'humour che ti salva, sempre, anche in caso di cuore infranto. Perché sono così le incurably romantic: sperano sempre che dietro l'angolo ci sia un (nuovo) Darcy. Preferibilmente con l'iPhone. E, preferibilmente, che mandi criptici sms da salvare nel telefonino, e da rileggere a letto.


- Velvet, gennaio 2012

La notte porta consiglio o solo scompiglio?



Natale di virus. Stravolgere per stravolgersi. È la storia che si ripete. Ma oggi sono come un ragno, aggancio tutti, tramo tele invisibili da cui le persone non si riescono a staccare. E poi ci sono le sfide. In cui nulla di quello in cui sei capace ti riesce. E diventi una sfida.
Ho la sensazione di andare troppo veloce e che qualcosa mi sfugga. O proprio nell'attenzione del dettaglio in velocità nulla mi sfugge. Il problema sembra essere nel nulla mi sfugge. Nei capitoli del mio libro ora entrano in scena gli avvenimenti inaspettati non controllati che completano il quadro incasinandolo ancor di più. Non uno ma tutto insieme. Il tempo del puzzle è un capitolo lontano che non voglio leggere. Parlo a voi, è ora di entrare in scena. Costruisco aspettative e poi gioco contro me stessa. Distruggo e ripulisco. Per poi rimodellare daccapo quel marmo che viene da dentro. È un bel casino, signori. Passo uno passo due passo due passo uno uno due due due uno uno uno. Perdo le mie tracce per poi trovarmele di fronte.
Avevo bisogno di rivederla, e non riuscivo a spiegarmi quel bisogno e per questo era un bisogno così bello, perché non c’è niente di male a non capire se stessi.
E poi stasera voglia di quelle campane e di quell'amore in bianco di sorrisi e chicchi di riso. Di libri diversi letti spalla spalla e di dentifrici troppo dentifrici.
La notte porta consiglio o solo scompiglio?


domenica 25 dicembre 2011

I miei (annuali) migliori auguri.


Il venticinque dicembre è un giorno speciale. Non credo non vado a messa a mezzanotte non penso sia il compleanno di Gesù non credo alla festa comandata. Credo però nella tradizione. Di un giorno dedicato a chi sta nel tuo cuore. Te lo impongono un po' te lo insegnano anche ma il venticinque dicembre prendi una pausa e dedichi quelle poche ore a chi vuoi. Che siano i legami di sangue che sia il tuo barboncino o la vecchietta sotto casa con il figlio in Brasile che ti regala i cioccolatini ogni domenica. Il venticinque dicembre scegli la tua famiglia. Quella che hai nel cuore, a cui vuoi regalare il tuo pensiero al mattino, la tua pazienza e il tuo miglior sorriso. E magari ci scappa anche un regalo sotto quell'albero verde al primo piano a cui non hai avuto tempo di appendere le palline dorate. Organi e campane suonano a festa l'aria di sole ti accompagna al risveglio con l'odore di ragù il quotidiano non esce. Il mondo si ferma. Non tutti in verità ma è un giorno diverso forse non speciale ma diverso. Scegli la tua famiglia e dedicale le tue ore. Con tutta l'onestà di cui sei capace. Oggi è il giorno di pensare col cuore e di sentire con il sangue caldo. Il sangue caldo esce e provoca danni profondi ma oggi non lo controllerò scorrerà fino ad esaurire la sua energia vitale. Io ho scelto la mia famiglia. E voi? Portatevela lì dentro dove tutto si annoda e si snoda, tutto si cumula e tutto si scioglie.


sabato 24 dicembre 2011

La morte non si preoccupa del fatto che tu sia giovane e bella.




È tempo di regali azzeccati come baci sull'uscio di casa.
È tempo di dediche che suonano come promesse.
È tempo di fare i conti con le nostre disponibilità in fatto di tempo denari e parenti.
È tempo di Rudolf e le altre renne. È tempo di corna di renne o di corna e basta nei postumi natalizi? Le corna in senso biblico di spezzare quella linea di onestà. Che poi onestà e sincerità saranno la stessa cosa? Ma boh chissà. Decisamente no.
È tempo di maglioni a coste larghe e di quelli con le renne. Protagonismo animale.
Carichiamoci di tempo e sorrisi, in questi giorni vedrai tutti coloro che è necessario scritto trascritto annualmente rilevante incontrare. Sapete che vi dico? Io me ne vado a sciare. Tiè tiè. Carichiamoci di belle parole e maglie scintillanti come i capelli coperti di brillantina. Ah, la brillantina. Ci sono gli auguri banali quelli meno e quelli speciali. Quelli citati quelli comunicati attraverso la posta che viaggia da un'arteria all'atra.
È tempo di discorsi di cortesia di carreggiata e anche da autostrada. Quelli che ti rasano al suolo insomma. Poi finisce tutto in quel grande frullatore dove l'uvetta del panettone si mescola alla parola pesata nella penultima riga. Usare e distorcere parole a nostro uso e consumo. Come piselli inscatolati sulle mensole da supermercato. Perché diciamocelo, chi si mette a sbucciare cinquecento piselli per un contorno ad un carpaccio?
È di nuovo natale. Sei percettibile nel sangue caldo impercettibile nel pensiero.
La morte non si preoccupa del fatto che tu sia giovane e bella.
Allora
è difficile
bisogna
prendere tempo
arbitro
time out
minuto
grazie
è una questione di centimetri
sempre.
Ma come poi è bello farsi travolgere
centimetri che diventano chilometri
e centimetri che diventano sguardi che sfiorano l'anima.
E se non son gigli son pur sempre figli.
Prendiamo ciò che giunge. Chili compresi. Cattivi pensieri pure. Non possiamo essere tutti buoni il venticinque di dicembre. 


martedì 20 dicembre 2011


  
Tra le nostre lenzuola.
La persona che comunichi non è ciò che sei. Ma forse solo non lo sai.
Non è la vita che ti frega, sei tu. 
Brutta la sorte la tua che guardi la luna e lei non ti sorride ma ti ride.
Non è dignità è gioco. Gioco che non controlli. 
Il segreto sta nel giocare. Sempre. Senza limiti o con limiti che poi oltrepasserai.
Poi la notte farà il resto.
È quasi natale. E si sente. Nel tuo sangue e nella brina gelata che ricopre la macchina.

Buona alba a tutti.
Io aspetto il sole che illumina le montagne innevate. Guardarlo e perdermici.



  

domenica 18 dicembre 2011


    
 
UNA DELLE LEGGI FONDAMENTALI DELL'UNIVERSO 
È CHE SI POSSA ESSERE NUDI, 
MA NON PIÙ NUDI ?

  


   
  

venerdì 16 dicembre 2011

un regalo.


   

 
 Vita che sfuggi
scomponi rifuggi
le mute parole che sciolgono i sogni
(fosser davvero anelati bisogni)

con canto soave
acuto, non grave
carezzi, stortigli
reinventi bisbigli
a contaminare il perpetuo
mattino
di questo scomposto, stondato cammino
in cui alba e vento
si mischiano al sale
del mio disinganno
scavato nel male
oh Vita che imperi
su foglie e destini
siam fiori ammassati in oscuri giardini?
Oppure siam solo
Volere divino
ganciati ad un bavero rosso,
più rosso del vino?
Potrei raccontarti
sfasciarti,
finirti
ma sono soltanto
un soffio malato, svoluto e contrito
nel tetro tepore
di un più grande rito.


- Monica Borettini, Un bivacco di streghe -



c'è tutto. 
un regalo l'alba e il vento, le mute parole che sciolgono i sogni. 
c'è tutto qui, signori.

   

giovedì 15 dicembre 2011



È tutto sfocato. Come quella mattina di settembre. La luce illumina tutto ma tu sfuggi. 
Ti giri, i capelli al vento. Al vento anche i pensieri.
Mi butto in quella nebbia che copre vista e pensieri arruffati. Guardo a destra guardo a sinistra. 
Il posto più sicuro che conosco per nascondere qualcosa è un sorriso. 
Per fortuna che c'è sempre qualcuno che mi fa sorridere. Mi risparmia lo sforzo.
Fiume in piena, mi curo di tutto e di nulla. 
Tutto mi cura tutto mi annulla.
Forse il segreto sta proprio qui.
Buongiorno signori.


 

martedì 13 dicembre 2011

Il tredici dicembre voglio essere di nuovo felice.


  
Santa Lucia arriva puntuale. Come l'ultimo gradino delle scale. È uno spartiacque. È tempo di chiudere conti e aprire scontrini. Povera Santa Lucia, che brutta sorte. Non basta più il pane e desideri. Vi farei davvero leggere la mia letterina, quest'anno è venuta particolarmente bene. Il desiderio di quest'anno è togliermi da quell'ingarbugliamento di fili e spine che mi fa inciampare su ogni cosa, davanti ad ogni viso davanti ad ogni sorriso. Ho imparato a saltarli, i rovi, ma ci casco sempre e via faccia a terra. Grazie di avermi plasmato, ora sono il tuo peggior incubo. Ed anche il mio. Mi hai scalfito e scheggiato di schegge che sanguinano dentro ma fuori non lasciano nemmeno un rossore. Ma anche quest'anno arriva con i suoi dolci e le sue calze antiscivolo e il suo paio di guanti. Perché le tradizioni vanno rispettate. L'iperglicemia che si trasforma in iperattivismo e la gastrite alle ore otto di sera del tredici dicembre si trasforma in ne-mangerei-ancora. Situazione tra la follia e l'obesità. Taglio capelli ascolto nuova musica prendo decisioni a breve termine, dove breve non compare solitamente nel mio vocabolario. Esistono lunghi discorsi, lunghe notti, lunghi pensieri, lunghezze d'onda che sono sempre lunghe e sfiorano l'infinito. Cambio e non cambio. Vedo o son desto? Intanto nuoto, manca il respiro e devo costringermi a girare quella dannata faccia a metà tra l'acqua e l'aria calda di cloro, respiro, ma non è il mio desiderio. Quella mancanza eccita e impaurisce. Vorrei le branchie. O solamente affondare. Perché là sotto dove il mare non invecchia c'è silenzio. Un silenzio che purifica i pensieri e il cuore. Dovremmo tutti farci un salto. Ma continuo a regalare sorrisi. Perché in fondo forse è la cosa che riesco a fare meglio. Il tredici dicembre voglio essere di nuovo felice. Dimenticavo. Cara Santa Lucia, quest'anno mi porti gli sci nuovi? 

   

domenica 11 dicembre 2011

   
ma sarà la prima che incontri per strada
che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.
   
  

sabato 10 dicembre 2011

Perché gli uomini (a cominciare da Woody Allen) adorano le kamikaze

di Anna Maria Speroni

Corriere della Sera.it
1 Dicembre 2011


C'erano quelli che non capivano la domanda: «Se ho mai avuto fidanzate kamikaze? Ma che cosa intendi?». «Quelle nevrotiche, problematiche, autolesioniste ». «Le rompiballe?». «Ma no...». Erano i più numerosi, anime semplici che per definire le donne prevedono solo due voci a scelta da barrare con la x: rompib... oppure no. Poi il gruppo dalla risposta pronta: «Ma certo, mia moglie!»: inaffidabili - maschi certamente incapaci di distinguere tra una che cerca solo di far funzionare come può il ménage familiare e una vera kamikaze. E poi loro, la pattuglia sparuta dei crocerossini innamorati (finalmente utili per questo articolo), quelli che hanno incontrato il tipo femminile così definito da Woody Allen in un’intervista pubblicata su Io donna qualche settimana fa: «Le donne kamikaze, con cui ho perso troppo tempo. Si suicidano con l’aeroplano ma tu sei seduto lì con loro, colpito dalle fiamme come spettatore innocente».

È più frequente che siano gli uomini a distruggere noi. Ma la frase di Woody ci ha spinto a indagare che cosa succede quando i ruoli si invertono. E ce ne sono, di maschi abbinati a signore complicate, circondati da amici che avvertono: «Lasciala». «Consiglio inutile» dice Piero Lissoni, designer e architetto. «Quante volte cuore e testa ci dicono fermati, ma noi andiamo avanti? ». Ecco, quante? «Io, poche: meno delle dita di una mano. Una mi ha stecchito la prima sera con sette Martini. Donne eccessive, dai toni esagerati, caratterizzate dal “troppo”: troppo programmate, o troppo dedite al lavoro, o agli affari, o alla famiglia: qualunque fosse la passione, era ossessione. E così, fine della storia».

Ma prima della parola fine possono passare anni: quattro per Claudio (che ha chiesto come altri, per ovvie ragioni, l’anonimato), insieme a una «che scaricava su di me le colpe dell’ex marito. Insoddisfatta della vita, mi attribuiva la responsabilità dei suoi fallimenti. Una che cambiava idea di continuo, mai contenta del proprio corpo, schiava delle figlie ultraventenni: una volta siamo dovuti tornare dall’Umbria a Milano perché erano rimaste chiuse fuori casa. Oppure mi chiamava solo perché andassi io a fare la spesa. E sul mio letto, a casa sua, ci dormiva il cane». Dodici anni di matrimonio per Alessandro: «Durante i quali lei ha lasciato il suo lavoro in banca per iscriversi all’università e laurearsi in Scienze motorie; per poi ripensare di nuovo il futuro e aprire un negozio di abbigliamento: sempre con il mio supporto anche economico, sempre scontenta. Io non ero mai all’altezza: mai abbastanza colto, mai abbastanza divertente». Assecondare la signora non ha evitato la separazione.

Luca, pittore e insegnante, si era fidanzato «con una splendida ragazza colpita all’improvviso da una crisi tremenda di anoressia. Abbiamo girato tra medici e psichiatri, fino a quando è tornata dalla madre. Io telefonavo e la mamma non mi diceva neanche se era viva o morta. Si rende conto che cosa significa non sapere più nulla per mesi di una persona cui vuoi bene?». Luca però ci è ricascato: «La complessità non è negativa, il problema è quando da complessa diventi complessata. Come la mia attuale fidanzata, possessiva, con crisi di gelosia morbose: se la cameriera al ristorante mi sorride, dice che ci sto provando; se una mia allieva mi saluta per strada, pensa che sia la mia amante; se siamo a fare shopping e compro una maglietta per mio figlio, si lamenta perché non penso mai a lei. Anzi, magari lo dicesse e basta: urla, picchia, anche in pubblico. Situazioni imbarazzanti». Lorenzo Licalzi, psicologo e scrittore, ha avuto accanto un’insicura patologica: «Qualunque parola dicessi, la interpreteva in modo negativo: “Allora non mi vuoi bene, non ti piaccio, non sono all’altezza”. Alcuni miei amici, invece, si sono lasciati conquistare da quelle che da te vogliono l’impossibile. Devi essere tutto e il contrario di tutto: tenebroso e solare, intellettuale e pratico, perché se si rompe qualcosa in casa devi saperla aggiustare. Devi aver preso contatto con la parte femminile che è in te, ma anche rimanere uomo vero. Per poi trovarsi cornuti e mazziati dal genere “minatore di Iglesias”, che non dice una parola e magari mena pure». Esperienze in grado di fare a pezzi anche il più solido dei maschi. Ma perché non la lasciano, se il rapporto è così disastroso? «Perché la amo» sintetizza Luca. «Perché mi intortava con le parole convincendomi che la nostra era una relazione perfetta» spiega Fabrizio, manager, appena uscito da una storia di dieci anni («Due di idillio e otto di delirio»).

Secondo Claudio Risé, psicoanalista, non se ne esce perché non è detto che lui si renda conto del problema. «Nell’uomo c’è una specie di resistenza ad analizzare la situazione psicologica propria e altrui. Rimuove le difficoltà, le nega. Perché in fondo vuole quella situazione. Una personalità femminile complicata suggerisce più livelli e sembra più interessante, come un paesaggio variegato sembra più bello di una pianura uniforme». Anzi, c’è chi non vuole altro. «Se non hanno turbe psichiche non le guardo neanche» scherza Gabriele Lavia, impegnato nelle prove di Tutto per bene di Luigi Pirandello («Uno che di donne folli se ne intendeva: sua moglie fu ricoverata in un ospedale psichiatrico»). «Sì, ho sempre avuto donne un po’ “strane”. Infelici, attratte dal dolore, in lotta con non sapevano neanche loro cosa. Più pazze erano, più le ho amate. Il perché non lo so. Loro dicevano che il pazzo ero io e forse avevano ragione». Almeno era felice? «L’amore e i rapporti erotici non sono mai felici: l’amore scoppia, mica scivola, e lo scoppio provoca sempre una ferita. E la ferita fa male. Detto ciò, queste donne secondo me fanno sesso meglio». E perché mai? «Perché sono disperate, e cercano la felicità. E la felicità fisica, in fondo, è l’unica cosa che valga la pena».

Secondo Lissoni a volte la donna autodistruttiva solletica «la tentazione dell’“io ti salverò”, del “ci penso io a farti vedere quanto è bella la vita. Con probabilità di successo vicine allo zero». Per Andrea Pinketts, giallista, l’attrazione per le kamikaze invece è congenita. «Da adolescente abitavo in un attico. Al quarto piano viveva una ragazzina dolce e bella, una specie di geisha. Al terzo la classica stronzetta carina che già a quell’età dava segni di disturbi mentali: ecco, io ero più attratto da questa. E anche adesso quando vedo nero, mistero, un lato oscuro, mi piace. Mi viene la sindrome, non dico del crocerossino ma almeno di doctor House (sono un po’ brusco): fino a quando capisci che ci vorrebbe un pugile. Nel mio ultimo libro, Depilando Pilar (Mondadori) ho metaforizzato il concetto: il protagonista si innamora di una donna barbuta felice di esserlo. Più oscura di così. Poi, certo, ci sono momenti di assoluta intensità in queste relazioni che giustificano tutto». Proprio tutto?

E se l’attrazione per le donne distruttive nascondesse in realtà una nevrosi tutta maschile? «Certo» risponde Risé «questi sono uomini che preferiscono la sofferenza più che il piacere. E la ricerca della sofferenza è la base della nevrosi». Ma qualche volta anche uomini positivi non resistono alla seduzione di una kamikaze: «Spesso sono donne intelligenti che ti sorprendono con risposte spiazzanti» spiega Riccardo Rossi, attore e autore teatrale. «Ma ho imparato come smascherarle. Al primo appuntamento le invito a casa e preparo un’amatriciana: se lei apprezza e chiede anche un bicchiere di vino, ha superato il test; se inizia a fare la schizzinosa ha buone probabilità di essere una kamikaze». Ma è proprio il pragmatico Rossi a spezzare una lancia a favore delle signore: «Con tutto quello di cui vi occupate, lavoro, famiglia, bambini, casa, magari anche i vostri genitori, siete eccezionali, altro che distruttive ». E allora forse ha ragione Lissoni, con il suo giudizio un po’ adulante, ma non privo di verità: «Non esistono donne nevrotiche: solo uomini che le fanno diventare così».




Vuoi sapere vuoi avere vuoi toccare. Non è tempo per capire. Oggi proprio no.


 

 
Fino a quando riusciamo ad avere il controllo di noi stessi? Perché poi arriva quel momento in cui non riesci a tener testa nemmeno ai tuoi pensieri, le parole scivolano veloci, le dita sui tasti del cellulare pure, la vita ancora di più. Fiumi in piena che portano alluvioni. Il dito scorre scrive e chiama. La tua memoria ti ricorda i giorni in cui respiravi vivevi, era appena ieri. Poi arriva il momento in cui anche guardarsi allo specchio diventa difficile. La tua immagine è talmente veloce, ti sta scivolando qualcosa tra le dita e qualcosa è troppo poco. Le dinamiche ti sfuggono, regali sorrisi e risate,  ed è bellissmo. Ti senti padrone di un mondo che non ti appartiene ma sei tu che appartieni a lui e il momento dopo hai le gambe che tremano. E non è stanchezza. E il momento dopo tremano perché lo vedi ed è bellissimo. Sei un fiume in piena. I tuoi sorrisi sono apprezzati e non ricordi di esser stata tanto felice. Tempo di un istante. Che importa. Un istante incantato. Poi il mare ti frega. È la stessa sensazione. Calmo, corrente sotto, poi onda. Sei travolto. Dal mare e dagli altri. Da quei sorrisi. Uno dietro l'altro. E poi le domande. Infinite. E la sensazione che la realtà non è quella che avevi in testa tu. Favola rovinata. Non c'è più nulla da fare. Preferisci le impressioni.
Quanto in là riusciamo a rischiare? Quando te lo chiedi hai già oltrepassato quel limite. C'è quella fiammella dentro che brucia qualcosa che tu non sai che sta bruciando. Ti frega la vita cazzo. Bene, poi quando ti accorgi di quella fiammella ormai è un incendio che ti divora e non vuoi aspettare vuoi sapere vuoi avere. Fino a quanto ci conosciamo? Perché arriva quell'istante in cui ti chiedi perché porco cane proprio a te proprio in questo momento non sei pronta non può essere proprio ora non potrà mai essere. Cazzo. Non sei brava fallirai. Vuoi ora e non vuoi aspettare. E poi quella maledetta vocina che ti viene da li, dentro, dove il cuore incontra la pancia e ti parla con vortici di foglie come d'autunno. Tutto sottosopra. E tu vai avanti ascoltando quella vocina che ti dice che vincerai il tuo pane e negatività. E abbandoni e tagli capelli e scrivi pagine che resteranno bianche. E il controllo oramai se ne è andato da un pezzo. Lasciandoti lì inerme e piena di false storie. E il cerchio si chiude. Semplice.

C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo. Ma fra poco è Natale, per fortuna. Domani ascolterai la stessa musica ma riuscirai di nuovo a parlare?

   

martedì 6 dicembre 2011

Corpo leggero da abbracciare come una nuvola.




   
Tutto era più facile quando il cuore era felice. Mangio mandorle che hanno un gusto nuovo e un sorriso meraviglioso, mi manca il respiro e non sono sicura sia per i troppi impegni che mi affollano corpo e mente, mi armo di redini e briglie, di armi e bagagli ma non scappo, questa volta no, i bagagli di una partenza per una sempre assolata Madrid oggi li riempo di coraggio e avventura. Apro il palmo della mia mano e guardo. Ho il mondo in mano. Libertà e possibilità. Ci insegnano a credere nei sogni, ma alle volte il gioco ha un sapore amaro, come una cioccolata calda in cui si è bruciato il fondo del pentolino. Non mi piace questo gioco di inseguire la felicità, preferisco aprire un pacchettino dal fiocco azzurro alla volta, come i confetti dei giovani sposi. Mai troppi, mai troppo pochi. Mai troppo spesso. La felicità va dosata con cucchiaini da caffè.  Little by little cantava qualcuno. Non sono parole, è filosofia. Poi fra poco è natale, e già mi stanno più simpatici abeti e carte da pacchi luminose, sto realizzando un progetto che da anni aveva la forma di un desiderio, penso in bianco neve e rosso fuoco. Tutto è calmo e tutto è vortice. Testa pesante dai troppi pensieri e progetti e. Corpo leggero da abbracciare come una nuvola. Si respira aria buona, la nebbia se ne è andata, un'aria di neve appena caduta.
Prendi il tuo desiderio e dedicatici. Che sia una persona che sia un progetto o un pensiero, prendilo e portalo con te. Devi dedicarti a ciò che pensi sia speciale. Non importa se continuerà ad esserlo ora è speciale e merita le tue attenzioni.
Buongiorno al mio mondo che cambia.
 

a salutare chi per un poco
senza pretese, senza pretese,
a salutare chi per un poco
portò l'amore nel paese.